Ricordo ancora quando era pronto a tavola, a pranzo, e la mamma mi chiamava continuamente; ma a Super Mario, sul primo Nintendo, non potevi mica salvare: ore di gioco appese al filo della corrente elettrica, appese al pruvulazzo della cassetta (che il nostro fiato riusciva talvolta a vincere) che da un momento all'altro ti fa tanti saluti.
Ricordo ancora le botte alla televisione, agli schermi dei pc (la bellezza di un quattordici pollici ultra bombato), quando non dovevano funzionare bene: un po' di sana violenza, condita di esoterici riti apotropaici, risolveva i problemi.
Ricordo ancora quel mio vecchio e primo pc, che i giochi li caricavi da uno o più floppy, dal dos, e la grafica a otto bit ed il suono che usciva dall'altoparlante del bios che ti sembravano la Notte Stellata ed il Dies Irae.
Ricordo ancora i primi minuti su internet, stoicamente concessi dal laborioso modulatore analogico (rigorosamente a 56k) e le invettive che dovevi sorbirti quando la mamma alzava la cornetta e sentiva i marziani parlare dall'altra parte dell'apparecchio.
Ricordo anche le tante ginocchia sbucciate giù per il cortile, quel buon dito rotto giocando a calcio (ed il gesso commentato dai compagni di scuola, desiderosi di lasciare un po' di allegria all'infortunato, un po' di se stessi alle postere sentenze), quella telefonata lì e quella citofonata là, le innumerevoli e disastrose cadute con la bmx (anche qui, tante ginocchia sbucciate), l'uva portata e mangiata all'ombra di un albero, seduti su una panchina (era il nostro picnic), le capanne costruite sui rami dei carrubbi per romperci l'osso del collo, le lunghe esplorazioni delle campagne, delle case abbandonate, rustici piaceri di ormai superata concezione.
Ricordo e sorrido.